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RSA E MINACCE PER PAGARE LE RETTE NON DOVUTE. ESPOSTO ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI PISA
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11 aprile 2007 0:00
 
I sottoscritti

- Donatella Poretti, nata ad Arezzo il 14 febbraio 1968, in qualita' di deputato della Repubblica nell'attuale legislatura nel gruppo Rosa nel Pugno;

- Vincenzo Donvito, nato a Gioia del Colle (Bari) il 20 febbraio 1953, in qualita' di rappresentante legale dell'associazione Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) di cui e' presidente, con sede in Firenze, Via Cavour 68, E-mail [email protected];

entrambi domiciliati per il presente atto presso la sede dell'Aduc, premesso che

- Lo Stato riconosce alle persone ultrasessantacinquenni non autosufficienti e agli handicappati gravi in virtu' della necessita', e difficolta', dell'assistenza alla persona, la possibilita' di esser assistiti e curati in strutture denominate "residenze sanitarie assistenziali" (RSA). Tali prestazioni rientrano per legge nei livelli essenziali di assistenza comunque garantiti. Cio' perche' molte famiglie, per gli anziani che ce l'hanno, non riescono a fornire adeguata assistenza domiciliare, o quest'ultima puo' non essere sufficiente a garantire le necessarie cure

Espongono quanto segue. Si verifica e si e' verificato che:

- la signora XXX, nata a XXX il XXX ha necessitato dal 2005 di ricovero presso una residenza sanitaria assistenziale (RSA), in quanto persona ultrasessantacinquenne non autosufficiente;
- per tale motivo, nel giugno del 2005 il figlio della sig.ra XXX, sig. XXX, nato a XXX il XXX, si recava presso la Asl di Pisa - Servizi sociali di Calci per individuare la struttura di ricovero;
- ivi, riferisce il sig. XXX, gli venivano richieste informazioni in merito alla situazione patrimoniale della madre (dichiarazione dei redditi, pensione di reversibilta', indennita' di accompagnamento) e propria e gli veniva altresi' sottoposto alla firma un documento in merito, senza alcuna informativa relativa alle finalita' e all'utilizzo dei propri dati personali;
- in data 26 settembre 2005 il sig. XXX e sue moglie XXX, firmavano un documento, presentato loro come necessario e preordinato all'ammissione della propria parente presso la struttura residenziale - Dipartimento assistenza sociale dell'azienda U.S.L. 5 di Pisa "Villa Isabella" sita in Pisa, Lungarno Galilei (doc.1), nel quale dichiaravano di impegnarsi al pagamento della quota sociale della retta, per un importo mensile di ¤ 1338,33;
- tale documento era altresi' sottoscritto dalla responsabile U.F. Strutture Residenziali e Semiresidenziali Zona Pisana - XXX e dalla responsabile del procedimento, XXX;
- il sig. XXX e la sig.ra XXX hanno sottoscritto tale impegnativa al pagamento unicamente perche' certi che questa fosse condizione essenziale per poter ottenere il ricovero della parente;
- contestualmente, in pari data, la ASL 5 di Pisa, con documento a firma della responsabile U.F. Strutture Residenziali e Semiresidenziali Zona Pisana - XXX, autorizzava l'ammissione della sig.ra XXX presso la struttura, "vista l'inderogabilita' e l'urgenza sociale di tale prestazione" (doc. 2);
- seppur dichiarata l'inderogabilita' e l'urgenza della prestazione, l'Asl stessa dichiara nell'atto di autorizzazione al ricovero che l'impegnativa di cui sopra ha rappresentato condizione indispensabile per il ricovero; la Asl, infatti, nell'atto amministrativo di accettazione, conferma l'esistenza dei requisiti necessari al ricovero, e li elenca: domanda di ammissione, "inderogabilita'" e "urgenza" della prestazione, certificazione sanitaria, impegno dei familiari a pagare la retta;
Tale richiesta da parte della Asl era assolutamente illegittima, ed i pagamenti effettuati su questa base non dovuti.

La normativa di settore e' infatti ben chiara sul punto:
1) la spesa relativa al pagamento di tali rette di permanenza nelle RSA e' ripartita per il 50% a carico del S.S.N. e per il restante 50% a carico dei Comuni;
2) I comuni e le Regioni possono eventualmente emanare regolamenti e normative per stabilire l' eventuale compartecipazione dell'assistito (e solo all'assistito, non anche a parenti, conviventi o meno) alla spesa (art. 25 della legge 328/2000 in relazione a quanto stabilito nel d.lgs. 109/98 ; All. 1 D.p.c.m. 14 febbraio del 2001, richiamato nell'art. 54 della legge 289 del 2002);

- la Asl di Pisa addirittura, in assenza dei regolamenti comunali finalizzati ad individuare la situazione economica dell'assistito ai fini della compartecipazione agli oneri, richiede il pagamento dell'intero 50% della retta che per legge dovrebbe essere pagata dal Comune;
- A fronte dunque dell'illegittimita' di tali richieste economiche nel gennaio 2007, grazie all'intervento dell'Aduc, il signor XXX prende coscienza del fatto che i pagamenti a lui richiesti dalla Asl di Pisa non sono dovuti, ma sono a carico di altro ente; che l'impegnativa sottoscritta non era requisito essenziale ne' di legge per l'ammissione della madre nella RSA e pertanto invia al Direttore generale dell'Asl di Pisa una raccomandata AR di messa in mora nella quale, chiedeva il rimborso di tutte le somme sino a quel momento illegittimamente percepite (Doc. 3);

- a tale richiesta in data 1 febbraio 2007, rispondeva la Asl 5 di Pisa, a firma del Direttore dei Servizi sociali, XXX (doc. 4):
1) in merito alla richiesta di rimborso, ritiene non accoglibili le istanze dello XXX poiche' l'obbligo di contribuzione al pagamento della retta, da parte del parente, discenderebbe direttamente dall'art. 1 l. 1580/1931;
Sul punto, vi e' stato una evoluzione normativa, che ha portato il legislatore ad escludere che gli importi delle rette per RSA debbano esser in alcuna misura accollate dai congiunti degli assistiti. Molti comuni hanno nel corso del tempo richiesto detti pagamenti ai congiunti degli assistiti, sulla base degli artt. 433 e ss. c.c. che prevedono il diritto delle persone in stato di assoluta indigenza di obbligare i propri congiunti al pagamento degli alimenti. Questo diritto e' personalissimo ed azionabile solo ed esclusivamente dal diretto interessato, non gia' da soggetti terzi che pretendano di vantare un credito nei suoi confronti. In buona sostanza, il credito alimentare non e' un credito surrogabile.
La normativa di settore, ribadisce tale concetto, escludendo espressamente una simile ipotesi: "le disposizioni del presente decreto [...] non possono essere interpretate nel senso dell'attribuzione agli enti erogatori della facolta' di cui all'art. 438, primo comma, del codice civile, nei confronti dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata" (art. 2, comma 6 del d. lgs. 109 del 1998 - Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate").
La Asl sa bene che la normativa che richiama per mascherare la propria illegittima pretesa economica (art. 1 l. 1580/1931 ) di una parvenza legale, davanti all'ignaro privato cittadino, non ha alcuna possibilita' applicativa. La norma nacque infatti in periodo fascista per una applicazione in ambito manicomiale ed e' stata ampiamente superata dalla successiva, e recente, specifica normativa di settore. Tale e' la conclusione cui si giunge esaminando quest'ultima, cosi' come vagliando la giurisprudenza di cassazione in materia di alimenti. Peraltro tale e', e non potrebbe essere altrimenti, l'interpretazione del "diretto superiore della ASL", e cioe' la Regione Toscana - Direzione generale del diritto alla salute (Doc. 5).

2) La "clemenza della pubblica amministrazione". Non solo. Aggiungeva il Direttore dei servizi sociali che "Le somme da lei versate restano pertanto dovute, e continuano ad esserlo ancora oggi, non a titolo di alimenti, ma come obbligo di rimborso (peraltro solo parziale) dei costi sostenuti dall'Azienda e dall'amministrazione. D'altra parte, qualora ella non avesse versato le contribuzioni in precedenza indicate e concordate, o nel caso in cui sospendesse tali versamenti, l'Azienda avrebbe facolta' di agire nei suoi confronti per il rimborso di tutti i costi sostenuti per il ricovero e l'assistenza al suo familiare, e non solo per una parte di essi, come avviene con il meccanismo attuale".

In pratica, la Asl di Pisa ha minacciato il sig. XXX e sua moglie che, nel caso non avessero pagato l'intera somma richiesta (il 50% dell'intera retta - vale a dire il totale della quota sociale), la Asl avrebbe proceduto ad esecuzione forzata nei loro confronti non gia' solo per questa, ma anche per il restante 50%, che per legge e' a carico del servizio sanitario nazionale!!

Ora, dal punto di vista dell'elemento soggettivo del reato occorre rilevare che la Asl sa bene che il privato cittadino si trova ad aver a che fare con le RSA solo in momenti di bisogno; siamo ben consapevoli del fatto che l'ignoranza della legge non e' scusabile; ma altrettanto lo siamo del fatto che il privato, di fronte ad una normativa di settore cosi' complessa e frantumata, non puo' che affidarsi alla buona fede ed alla correttezza delle richieste della pubblica amministrazione, tanto piu' in circostanze di particolare urgenza e sofferenza dovute alla malattia di una persona cara.

In tale contesto tale affidamento viene strumentalizzato per ottenere un ingiusto profitto con altrui danno; la Asl di Pisa fa credere in questa lettera che la richiesta economica iniziale e' frutto di "clemenza", che discende da una discrezionalita' amministrativa secondo la quale e' la Asl stessa decide quando applicarla e quando no. E nel momento in cui, "ingrati", non si adempie alla richiesta si verra' "puniti" con un male molto peggiore.

Inoltre la consapevolezza della Asl della illegittimita' della pretesa si evince anche dal comportamento precedente al ricovero. Se tale pretesa fosse legittima non ci sarebbe alcun bisogno di vincolare, e fare sentire, i parenti degli assistiti ad un impegno economico sottoscritto in fase di ammissione. Impegno non gia' richiamante la normativa che successivamente verra' invocata, ma di sapore "squisitamente" contrattuale. Si legge infatti nella domanda amministrativa di ammissione della signora XXX (doc. 1) : "Si conviene e si stipula quanto segue".
Eppure, la Asl sa bene che non agisce contrattualmente in questa materia, che in tema di ammissione di un assistito nella RSA non vi e' spazio normativo per la contrattazione privatistica, e difatti non a caso il "contratto" non viene richiamato a sostegno della pretesa economica nella lettera di cui sopra. Siamo nell'ambito di un contratto fra privato e pubblica amministrazione? Siamo nell'ambito di un procedimento amministrativo? L'ambiguita' ed il consapevole uso strumentale di norme palesemente inapplicabili sembrano tali da costituire per il privato cittadino artificio e raggiro idoneo a indurlo in errore e quindi a pagare somme non dovute.
Tanto si espone affinche' la Procura della Repubblica indaghi ed accerti l'eventuale violazione degli artt. 629 e 640 c.p. e 61, comma 1, numero 9) c.p., ovvero per i reati che l'Autorita' procedente voglia ravvisare.

Firenze, 11 Aprile 2007

Donatella Poretti

Vincenzo Donvito
 
 
 
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