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2 novembre 2017 23:45 - rossi1966
Registrare di nascosto una conversazione tra presenti non è reato

Cassazione penale, sez. II, sentenza 10/06/2016 n° 24288

La registrazione di una conversazione tra presenti, compiuta di propria iniziativa da uno di questi, non necessita di alcuna autorizzazione da parte del giudice per le indagini preliminari e può essere usata nel processo. E' quanto emerge dalla sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione del 10 giugno 2016, n. 24288.

Costante giurisprudenza afferma come le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessita dell'autorizzazione di cui all'art. 267 c.p.p., in quanto non rientranti nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni.

Di conseguenza, l'acquisizione al processo della registrazione dei colloqui può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all'art. 234, comma 1, c.p.p., che qualifica come “documento” tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo; il nastro che contiene la registrazione altro non è che la documentazione fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente non potrebbe essere raggiunta e può rappresentare una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l'effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale (Cass. Sez. Un., 28 maggio 2003, n. 36747).
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